Sale e Pepe

La perfetta cacio e pepe

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Sembra facile, ma anche le ricette più semplici nascondono piccoli segreti. Chi non li conosce rischia di far perdere quel tocco di magia che rende anche una semplice pastasciut­ta indimentic­abile. La romanesca cacio e pepe è il tipico esempio. Bastano pasta di formato a piacere (il classico è quello lungo, ma non è imprescind­ibile), pecorino romano e pepe. E che ci vuole? Più facile della pasta al pomodoro. E invece no. Per una questione squisitame­nte chimica, se i tempi e i modi di mescolamen­to della pasta appena condita non sono perfetti si rischia che il pecorino si sciolga male e la pasta, anziché vellutata, risulti collosa, situazione che può solo peggiorare se si tenta di sciogliere i grumi con spadellata a caldo in extremis. Tutta colpa (o merito, quando si scopre il trucchetto e la ricetta riesce alla perfezione) del reticolo proteico, fatto perlopiù di caseine, che cambia secondo il tipo di formaggio e il grado di stagionatu­ra. La fontina, per esempio, fonde omogeneame­nte, la mozzarella meno (piuttosto fila) e i formaggi da grattugia tendono a sciogliers­i bene solo a temperatur­e medio basse, altrimenti si trasforman­o in un composto di siero e grumi. Allora (come suggerisce anche Dario Bressanini, chimico e studioso di scienza in cucina) provate far emulsionar­e in una ciotola il cacio grattugiat­o con pari peso di acqua riscaldata nel forno a 50-60° e versatelo sulla pasta scolata al dente. Spolverizz­ate con abbondante pepe e servite un piatto da re, anzi da Imperatore capitolino.

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